Tra i primi arrestati per le violenze di sabato a Roma ci sono 4 ragazze. “Anche” 4 ragazze, hanno scritto le agenzie evidenziando lo stupore. “Non ci aspettavamo che, tra quei blocchi di felpe nere che avanzavano a falange, sotto quei cappucci che coprivano i volti, sotto i caschi integrali, spuntassero code di cavallo, mani affusolate, corpi inequivocabilmente giovani e femminili” scrive Paola Di Caro (27esimaora.corriere.it).
Secondo il Corriere della sera, che riporta fonti investigative, addirittura a organizzare gli scontri ci sarebbe stata una donna (18 ottobre). Non se ne stupisce Loredana Lipperini che nel suo blog (loredanalipperini.blog.kataweb.it) ricorda le tricoteuses plaudenti alla ghigliottina, le naziste, quelle che hanno preso parte agli sterminii in Ruanda e in Bosnia, per ribadire che le donne non sono solo madri amorevoli. E neppure fate o terapeute o madonne. Sarebbero “come gli altri”. Esplicitamente in polemica con chi, come Marina Terragni, a caldo, subito dopo la guerriglia romana, aveva scritto che se fossero state le donne a “chiamare” la piazza non ci sarebbero state tante violenze.
A sua volta Terragni rivolge una critica al movimento “Se non ora quando”, di cui per altro si sente parte, che “ha scelto un altro percorso: non una nuova piazza, ma il cammino per la costruzione del futuro politico imminente” (blog.leiweb.it).
Ragionando a freddo, visto e rivisto il film del maledetto sabato, probabilmente è un’illusione pensare che possa riproporsi, anche se “chiamata” dalle donne, una manifestazione popolare forte e pacifica come quella del 13 febbraio scorso. La scelta della non violenza, qui in Italia almeno, non è stata compiuta fino in fondo dai cosiddetti “indignati”, né dalle “indignate”: basti pensare all’ aggressione subita da Marco Pannella da parte dei manifestanti “pacifici”.
Anche la minoranza che rivendica la pratica della non violenza si rifiuta di giudicare chi non la condivide. “Siamo e restiamo non violente” si legge nel comunicato di Iniziativa femminista europea, ma non intendiamo “perdere tempo dietro a coloro che si metteranno a separare l’erba buona da quella cattiva” (womenews.net). “Non condanno nessuno/a se non la dittatura della finanza…” scrive una militante (womenews.net). Al massimo, come la scrittrice Mila Spicola, si afferma che “quella violenza, quella dei black bloc, come anche quella di chi ha imposto in questi anni scelte sbagliate e scellerate, non ci appartengono affatto” (laricreazionenonaspetta.blog.unita.it).
Riusciranno le indignate, anche quelle molto adulte, a decidere che cosa veramente “appartiene” loro?