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Microcritiche / Una donna contro la dittatura brasiliana

14 Marzo 2025
di Ghisi Grütter

IO SONO ANCORA QUI – Film di Water Salles. Con Fernanda Torres, Selton Mello, Fernanda Montenegro, Valentina Herszage, Maria Manoella, Barbara Luz, Maeve Jinkings, Humberto Carrão, Dan Stulnach, Carla Ribas, Luiza Kosovski, Antonio Saboia, Brasile 2024. Fotografia di Adrian Tejido.

Siamo a Rio de Janeiro nel 1970 e in Brasile vige una dittatura militare dopo il colpo di Stato del 1964. “Io sono ancora qui” è la storia vera di Maria Lucrécia Eunice Facciolla Paiva (interpretata da Fernanda Torres), madre di 5 figli – Vera Silvia, Maria Eliana, Ana Lucia, Maria Beatriz e Marcelo Rubens – e moglie di Rubens Beyrodt Paiva (interpretato da Selton Mello), ingegnere ed ex deputato laburista, che fu prelevato da casa dalla dittatura militare brasiliana senza farvi mai ritorno. La storia della donna è raccontata nel mémoire del figlio Marcelo, oggi giornalista e scrittore.
Eunice e Rubens temevano per l’incolumità di Vera, la figlia maggiore, impegnata politicamente e simpatizzante per movimenti anti governativi, e la mandarono a Londra con una coppia di amici che avevano deciso di lasciare il Brasile per andare a vivere in un posto più sicuro.
La vita della famiglia, nonostante tutto, sembrava scorrere tranquilla e serena. Vivevano in una casa a due piani nell’Avenida Delfim Moreira, nella Rio de Janeiro residenziale borghese, proprio di fronte alla spiaggia. Le spiagge di Rio sono luminose davanti al Pão de Açúcar, con cagnolini che corrono mentre le ragazze si versano la Coca cola sulle gambe, per abbronzarsi. Rubens stava progettando di costruire una nuova casa su un terreno che aveva comprato e pur essendo sempre occupato dal lavoro non trascurava mai la moglie e i figli che lo adoravano.
Il 20 gennaio del 1971 le forze militari fecero irruzione nella casa di Paiva a Rio de Janeiro e prelevarono Rubens. L’operazione fu condotta da uomini armati che sostenevano di essere membri dell’aeronautica militare brasiliana. Lui fece presente che non era più deputato – era stato allontanato forzatamente dalla politica – ma loro insistevano che devono fargli solo alcune domande. Dopo un paio di giorni anche Eunice ed Eliana la seconda figlia saranno portate via. Sia Eunice che Eliana furono interrogate nella stessa stanza del DOI-CODI dove venivano torturati presunti agenti comunisti. Affermarono di aver visto sangue a terra e di aver sentito le urla dei prigionieri torturati.
La figlia sarà rilasciata il giorno dopo ma Eunice rimarrà per 12 giorni incarcerata in caserma senza avere alcuna notizia né della figlia né del marito.
Una volta riportata a casa si metterà in contatto con gli amici del marito e con l’avvocato per cercare di avere notizie di Rubens. Purtroppo saranno sforzi inutili, non ci sono prove dell’arresto del marito e nessuno dei militari sembra sapere nulla.
A un certo punto tramite gli amici giunge la notizia che Rubens è morto, anche se non si sa come e dove. All’epoca usavano le torture e giustiziavano in massa i prigionieri, talvolta la lanciandoli dagli aerei.
Tanti, troppi, saranno i desaparecidos di cui non si saprà più nulla.
A questo punto avverrà una trasformazione e la tragedia che colpisce Eunice ribalta la sua vita di casalinga benestante e la costringe a reinventarsi, con una nuova consapevolezza: deve proteggere i suoi cari e disegnare un futuro diverso. Venderà il terreno e lascerà la casa di Rio per trasferirsi in una casa più modesta a San Paolo. Studierà giurisprudenza, lavorerà e si batterà per tutta la vita per cercare giustizia per il marito, di cui dopo più di vent’anni otterrà il certificato di morte.
Il film è coinvolgente e fa riflettere, è girato molto bene da Water Salles (da bambino era un vicino di casa di Rubens Paiva) che riesce a creare la tensione senza mai mostrare scene di palese violenza, mentre le emozioni di dolore, ma anche di dignità, sono molto bene espresse dal volto dell’attrice Fernanda Torres.
Una piccola curiosità: nell’ultima scena Eunice anziana e malata di Alzheimer è interpretata da Fernanda Montenegro, madre della attrice protagonista.
Credo che ricordare questa vicenda e mettere al bando pubblicamente queste pratiche, anche con un film, è necessario con la speranza che cessino di esistere. Da un’intervista a Salles: «Ho lavorato molti anni a questo mio ultimo film. Intanto il mondo cambiava: la sociologia delle comunicazioni è sostituita dai social media. Oggi sono gratificato dal fatto che il mio film sia riuscito a conquistare il pubblico del mio Paese con una storia di cronaca che gli appartiene e in un momento in cui è utilissimo anche alle nuove generazioni».
La pellicola “Ainda estou aqui” di Walter Salles, in lingua brasiliana, è stata girata in 35 millimetri con inserti in super 8, è stata presentata alla Mostra del Cinema di Venezia la scorsa estate conquistando i favori della critica. Ha vinto meritatamente l’Oscar 2025 come miglior film internazionale.

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