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In una parola / Reinventare la politica? Facciamo un gruppo…

14 Marzo 2025
di Alberto Leiss

Pubblicato sul manifesto il 4 marzo 2025 –

Michele Serra è un vecchio collega (bei ricordi alla redazione milanese dell’Unità alla fine dei Settanta) e non dubito delle ottime intenzioni. Sono d’accordo che una politica diversa, capace di offrire una alternativa allo stato inquietante, orrendo e penoso delle cose presenti, deve passare per una reinvenzione dell’Europa capace di farla finalmente esistere come una grande e nuova democrazia. Ma quale Europa?
Confesso che lo slogan garibaldino – “Qui si fa l’Europa o si muore” – tanto piaciuto a Corrado Augias sulla Repubblica, mi provoca inquietudine. Forse è una citazione ironica. Altrimenti evoca un clangore di spade e schioppi: ci porta all’idea, oggi così nuovamente “simpatica”, che solo armandosi al massimo si possa concludere qualcosa di buono.
Ma esiste una alternativa alla presunta razionalità che la forza armata, alla fine, decida tutto nella politica? E può essere pensata e agita una idea diversa del mondo – del mondo dei Trump, Musk, Putin ecc. – dopo la catastrofe del “socialismo reale”?
Come nel racconto di Poe sulla “lettera rubata” (e per gli appassionati del genere ci sono le elaborazioni sul tema dei Lacan e Derrida…) l’oggetto scomparso è davanti ai nostri occhi. Ma ci ostiniamo a non vederlo.
Venerdì 28 febbraio è stato presentato alla Casa Internazionale delle donne di Roma l’agile librino che fa la storia del gruppo femminista “del Mercoledì”. Ne ha già parlato Alessandra Pigliaru e la registrazione è su Fb. Attraverso le parole della storica Marina D’Amelia (“nominare la realtà con il linguaggio del femminismo, sottratto al dominio maschile”), della psicanalista Manuela Fraire (“una resistenza alla psicosi che dilaga, grazie alla presenza dell’inconscio nelle pratiche di relazione”), e poi di Maria Luisa Boccia (“in un passaggio drammatico ci siamo interrogate guardando a quello che accade, insieme pur essendo diversissime”) e di Letizia Paolozzi (“questa esperienza può essere ripresa, da altre donne, ma anche uomini”) è stato aperto uno squarcio su una storia molto più grande. Quella di una rivoluzione politica che ha cambiato le nostre vite aprendo conflitti acuti, ma senza ricorrere alle armi, esercitando una forza che non è degenerata nella violenza e nella eliminazione dell’altro.
Nichi Vendola ha parlato di una situazione del mondo “catastrofica”, di un ritorno del “patriarcato”, di un “pensiero critico balbettante”, e del femminismo come unica “cultura più radicale”. Forse bisogna chiedersi perché il “pensiero critico”, e direi tutte le culture politiche novecentesche di stampo maschile, oggi balbettano. O mettono in scena metamorfosi mostruose.
Domenica mattina c’è stato a Roma un secondo incontro sotto il titolo “Disertare il patriarcato”. Il primo si era svolto nei giorni precedenti al 25 novembre, giornata contro la violenza maschile. Una sessantina di uomini – della mia generazione, ma anche giovani universitari e dei licei, e numerose donne e ragazze – impegnati/e/* in gruppi di condivisione per uscire dal maschilismo “tossico” e in altre esperienze sociali, nel lavoro a contatto con le scuole, si sono posti/* e poste il tema di come passare da pratiche “di gruppo” e “dall’intimità” a una maggiore capacità di “comunicazione pubblica”.
C’è un’urgenza del “che fare” di fronte allo spettacolo mandato in onda dallo Studio Ovale della Casa Bianca. Ma per fare bene bisognerebbe prima pensare bene. Venerdì sera ho proposto un po’ scherzosamente “corsi di formazione” per maschi di sinistra sul pensiero e le pratiche femministe (e anche sulla realtà in crescita di un nuovo sguardo maschile).
Facciamo un gruppo per provarci davvero?

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