Per me la Carta delle donne doveva essere segnata dal concetto di differenza.
Quella differenza che ritenevo e ritengo ancora il fondamento di ogni pratica politica. La radice del mio femminismo e di quello di molte altre donne, dentro il Pci o fuori o nei paraggi e comunque in quegli anni disponibili ad un confronto.Per quel confronto il gruppo dirigente maschile del Pci non era sicuramente pronto. La Carta delle donne fu il modo per dire che le donne comuniste provavano ad esserlo.E non fu un caso se la decisione di scrivere la Carta prese vita dal confronto tra alcune di noi donne del Pci legate da tempo al femminiamo e alcuni gruppi femministi.
A Livia Turco, allora responsabile femminile Pci, e con la quale mantengo da decenni una relazione politica e umana, va dato il merito di aver concretizzato questa apertura.
Intendo quella differenza femminile che si era già’ vista in tante battaglie precedenti (e vinte ) sui temi della libertà’ femminile e che si manifestò così bene anche nella pronta presa di parola che le donne di scienza, quelle del movimento, dei gruppi femministi , ma anche le donne del Pci ebbero l’ anno prima, nell’86, durante e dopo l’immane tragedia di Cernobyl che coinvolse, lo capimmo via via, quasi metà’ del pianeta.
A differenza di un gruppo dirigente maschile,intontito e silente, le donne del pci compresero bene e senza integralismi quel crocevia,come dimostra il libro ” Scienza Potere Coscienza del limite”” pubblicato dalla sezione femminile del Pci nel luglio del 1986. Un limite che se giunge a mettere in discussione la permanenza delle persone,degli animali e delle piante sulla terra bisogna per forza discutere.
Giorni fa abbiamo salutato il Nobel a Svetlana Aleksievic che nel suo libro” Preghiera per Cernobyl scrisse”E mi portano chissà’ dove,in un luogo sconosciuto. Che non si capisce cosa sia. Non una città,e neanche un villaggio. E neanche la Terra…dietro il filo spinato rimangono le mie cose e la mia vita, le tombe… la nostra salute e la nostra fede. la mia fede” . Nulla dice meglio lo spaesamento e la perdita assoluta di libertà’.
Le riflessioni su Cernobyl e la Carta delle donne furono due tentativi per uscire fuori dal nostro perimetro e metterci in gioco dentro il più’ vasto movimento femminista e delle donne. Vi furono anche resistenze in alcune federazioni rispetto alla Carta, un testo che sembrava un po’ marziano..ma io non ricordo prima o dopo di allora una discussione così estesa dentro e fuori di noi.
Analizzando quel testo a 28 anni di distanza vedo pregi e limiti:la prima parte innova il nostro linguaggio e assume concetti e pratiche che non erano nati tra le donne comuniste… fin dalle prime frasi c’è un impegno forte e quasi “separatista”…”dalle donne la forza delle donne”,trovare forza in noi stesse e nella relazione con le altre e non negli uomini. Dichiarare aperto un forte conflitto con loro e con una società,un partito e una politica diretti in prevalenza da uomini.La seconda parte invece sconta un’impostazione direi più classica, quella di mettere dopo i principi e la teoria i cosiddetti obiettivi programmatici. Ma la mediazione è giusta,abbiamo imparato che in una buona e bella politica la mediazione è cosa fondamentale, altrimenti fai altro.
Anche il tema della rappresentanza femminile è affrontato a partire dalla differenza e non tanto dal riequilibrio quantitativo o paritario, un nodo che ci ha viste tante volte divise anche in anni recenti ( per esempio sul 50/50). Ho invece condiviso la norma antidiscriminatoria ( che esiste in tutta Europa), “nessuno dei due sessi rappresentato meno del 33%”. Per me non si è mai trattato solo di aumentare il numero delle donne nella politica e nelle istituzioni quanto piuttosto di dare spessore a pratiche e relazioni tra donne in quei luoghi che aumentassero la forza del loro far politica e alzassero il livello del conflitto con gli uomini. Un risultato quest’ultimo ancora oggi lontano, perché non vedo alcun conflitto serio in atto, nonostante il crescente numero di donne presenti oramai ad ogni livello. Come non mi pare aperta e pubblica una forte discussione tra donne.
Mi chiedo perché oggi sia così. Forse consideriamo importanti queste due pratiche solo noi che siamo più vecchie e in via di rottamazione?
Quando con altre donne ho pensato e costruito “Emily in Italia” era alla pratica enunciata nella Carta che mi riferivo. Costruire attraverso relazioni e pratiche tra donne l’ ingresso nei luoghi istituzionali per fare ingombro, differenza e agire un conflitto più alto e organizzato. Una associazione che ha avuto per anni gruppi in varie citta’ italiane e che ha tentato a Napoli l’unico esperimento di una lista di sole donne alle elezioni Provinciali.
A posteriori mi sento di dire che le riflessioni su Cernobyl e soprattutto la Carta furono due seri tentativi di mettere sul tavolo di un partito già in crisi analisi e contenuti innovativi per leggere il mondo, i rapporti di potere, il lavoro, le crisi, lo sviluppo e la società’ , che andassero oltre la cultura politica tradizionale e oramai datata che caratterizzava il Pci già’ da vari anni.
Le donne comuniste , due anni prima della difficile svolta dell’89,fornirono al Pci due buone carte da giocare ma quel gruppo dirigente o non le colse o le colse solo come titoli,non comprendendone la sostanza. Al momento della svolta alcune delle donne che avevano partecipato al lavoro della Carta decisero di dar vita ad una mozione congressuale autonoma ( la quarta mozione) che poneva il tema della cultura politica del nuovo partito, partendo da una nuova soggettività’ femminile. Piuttosto che chiudersi nel dilemma asfittico tra chi voleva conservare e chi voleva innovare.
Il risultato fu che sia le donne che scelsero la maggioranza sia quelle che scelsero la minoranza persero una grossa occasione per incidere di più in quel dibattito. E alla fine tutte le donne incisero assai poco. E potevano farlo perché mentre quasi tutti gli uomini hanno difficoltà ad elaborare il “lutto” e tendono a buttare il cuore oltre l’ostacolo, le donne riescono a gestire anche i momenti di transizione più’ difficili.
E vorrei concludere con una domanda a tutte noi: in questo anno ci siamo piacevolmente incontrate e abbiamo condiviso pensieri, cene, bambini, racconti pur non essendo iscritte tutte allo stesso partito, e abbiamo deciso di riparlare della Carta. Ma ci sono vari modi per farlo, uno sarebbe solo celebrativo e consegnerebbe agli archivi il nostro Convegno, l’ altro ,se il nostro rivedersi e’stato anche un atto politico e ha dato inizio ad una pratica, potrebbe riportarci almeno a costruire azioni pensate insieme. E’ chiaro che io opto per il secondo.
Vediamo ad esempio partiti e “gruppi dirigenti” ( difficile usare ancora questa parola per definire coloro che dirigono i partiti) incapaci oggi di trovare idee di città’ e candidati per Roma Milano Napoli. Ma non vedo discussioni in altri luoghi, nei luoghi delle donne, se non a Napoli dove nei giorni scorsi un gruppo di donne ha tentato un discorso che partisse dalla cura della città’ e del suo tessuto sociale.Pensiamoci e proviamo a non perderci di vista.