INSIDE OUT – Film di Pete Doctor –
Ai detrattori del cinema di animazione consiglierei di ricredersi con Inside Out, realizzato dai Pixar Animation Studios, prodotto da Disney. Dopo Toy Story, sulla solitudine dei giocattoli invecchiati oppure Ratatouille, sulle qualità da grande cuoco di un topolino. E molte altre meraviglie.
Questo film si tuffa nella mente di una bimba di undici anni, Riley, sradicata dall’amato Minnesota, dagli amici e dalla squadra di hockey, condotta dai genitori in una San Francisco dove la pizza puoi averla solo con i broccoli!
Si affollano davanti alla consolle: la eternamente sorridente Gioia; l’Ira alla quale prendono fuoco i capelli appena si infuria; la Tristezza, calata in una lacrima rovesciata; il Disgusto che tende al verde bilioso e l’allampanata figura maschile della Paura.
Poi dal quadro comandi si allontanano Gioia e Tristezza. Comincia il viaggio iniziatico sul treno dei pensieri, nel tunnel dei ricordi e della memoria a lungo termine, attraverso Immagilandia e la foresta di patate fritte a bastoncino, nello spazio del pensiero astratto (un caos dove ti si appiccica il naso sull’orecchio destro come in un ritratto di Picasso e le figure diventano bidimensionali).
Inside Out, il dentro e il fuori. Grazie alle immagini i processi emotivi e cognitivi di una ragazzina si materializzano. Seguono il passaggio dalla condizione infantile all’adolescenza: cosa ha nella testa Riley? Perché cambia umore? Di che ha paura?
D’altronde, i bambini crescono e cambiano. Cambiano e abbandonano la condizione felice; la sicurezza; il piacere; la soddisfazione del desiderio. Così, i racconti rassicuranti, quelli per l’infanzia, non funzionano più tanto. Non funzionano in un mondo inquietante, pauroso, abitato anche dal dispiacere e dalla perdita. Sarà per questo che nell’enorme sala piena di bambini (accompagnati dai genitori) dove ho visto il film, non volava una mosca.