«Io sono Merida e gareggerò per ottenere la mia mano!»: battuta stupefacente quella che la giovane principessa scozzese dai magnifici capelli rossi pronuncia davanti agli sbigottiti principi convenuti alla corte di suo padre per prenderla in moglie, come da tradizione. Ma, checchè ne dicano i critici delusi, della fiaba tradizionale Ribelle, ultimo film di animazione della Pixar e il primo dello studio a mettere in scena una protagonista femminile, non ha proprio nulla.
Innanzitutto, il titolo italiano Ribelle, non traduce l’idea di impavido coraggio che c’è nell’originale Brave (ricordate il Braveheart di Mel Gibson che ispirò il celodurismo della nostra Lega…) forse perché si ritiene che quel tipo di coraggio mal si addice a una donna. Poi perché la storia corre su una lama sottile di ironia che si gioca tutta in chiave femminista e post-moderna: sarà il tocco della co-regista Brenda Chapman, autrice anche di soggetto e sceneggiatura?
Merida è la figlia primogenita di re Fergus e della regina Elinor in una Scozia medioevale raccontata in stile fantasy. Il padre è un gigante spaccone e rumoroso che insegna alla figlia a cavalcare e tirare con l’arco, la madre è una saggia creatura molto femminile che tiene facilmente a bada quel bambinone del marito e inculca alla principessa la responsabilità politica di conservare la pace nel regno. E per questo, occorre che Merida si sposi. Ma quando arrivano i capi degli altri tre clan con i figli maschi che dovranno gareggiare per la mano di Merida, i principi appaiono davvero come la sterotipizzazione dei tipi maschili più deteriori: del tutto improbabili come principi azzurri.
Lei comunque non vuole sposarsi e dopo aver invano gareggiato con l’arco per vincere “la sua mano” e tenersi la sua libertà combina un pasticcio: mentre i tre clan se le danno di santa ragione fugge nel bosco. Magnifica è la figura della strega (sorta di imbonitrice televisiva) cui Merida si rivolge per ottenere un incantesimo che faccia cambiare idea alla madre: la pozione magica trasforma Elinor in un’orsa, come era accaduto tempo prima al principe che aveva rischiato di distruggere il regno. La regina-orsa e l’orso primordiale finiranno con lo scontrarsi all’ultimo sangue. Ma in questo conflitto, vero e proprio rito di passaggio, come si conviene a una favola, Merida capirà qual è la sua missione e il suo destino: guidare il regno da single.
L’inevitabile lieto fine dunque non prevede il matrimonio, ma una nuova alleanza con la madre, una relazione forte di reciproca fiducia e affidamento, ora che entrambe sono cambiate. Di ribellioni delle figlie a madri e matrigne sono piene le favole: elaborazioni del necessario processo di separazione nella versione più archetipica. Ma a partire dalla principessa Fiona di Shrek, passando per la Rapunzel della Disney e le due più recenti versioni di Biancaneve, l’approdo dell’impavida Merida è il più imprevedibile e meno tradizionale per un film rivolto al grande pubblico: la riconciliazione con la madre non è infatti un rientrare nei ranghi del femminile più rassicurante, ma un profondo cambiamento per entrambe. E per il regno: per la politica?