SIMONE VEIL – LA DONNA DEL SECOLO – Film di Olivier Dahan. Con Elsa Zylberstein, Rebecca Marder, Élodie Bouchez, Judith Chemla, Olivier Gourmet, Francia 2021. Montaggio di Richard Marizy, fotografia di Manuel Dacosse e musiche di Olvon Yacob.
Il regista Olivier Dahan, dopo “La vie en rose” del 2007 (Oscar a Marion Cotillard per l’interpretazione di Edith Piaf) e “Grace di Monaco” del 1914 (interpretata da Nicole Kidman), realizza nel 2021 il terzo capitolo di una trilogia dedicata a donne che hanno lasciato una forte traccia nel Novecento: “Simon Veil – la donna del secolo” (interpretata da Elsa Zylberstein e da giovane da Rebecca Marder). Solo dopo tre anni il film esce in Italia nelle sale cinematografiche in concomitanza con il giorno della Memoria, il 27 gennaio, ricorrenza internazionale che commemora le vittime della Shoah e che è stato anche il giorno in cui le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
Simone Jacob, ebrea anche se non praticante, da sposata Veil, è stata la prima Presidente donna del Consiglio Superiore della Magistratura, diventò una statista negli anni Settanta, prima come Ministro della Salute nel 1974, fautrice della depenalizzazione dell’aborto in Francia (che poi si è chiamata la legge Veil), e in seguito come Europarlamentare. Non solo, ma è stata anche la prima donna Presidente del Parlamento Europeo dal 1979 al 1982.
Ma nel film il regista mostra il privato di Simone Veil, i suoi sentimenti, le sue paure, i suoi affetti. Non segue la cronologia degli eventi ma, con una decostruzione narrativa (grazie anche al montaggio di Richard Marizy), salta continuamente tra un ricordo dell’infanzia, uno dei Lager (Auschwitz e Bobrek) dove fu deportata con la madre e la sorella nel 1944, e della cosiddetta “marcia della morte” ( in tedesco Todesmärsche) del gennaio 1945” di trasferimento dei prigionieri da Auchwitz a Loslau in altri campi, inframezzati da brani della sua vita del dopoguerra, prima dei suoi studi, dove incontra il suo amato Antoine, poi della sua ascesa in politica.
Così dall’anziana Veil che scrive le sue memorie in riva al mare sulla Costa Azzurra si torna ai dolori e ai lutti dell’Olocausto che riaffioravano spesso durante le sue notti travagliate.
Durante la sua vita la Veil è stata osteggiata e derisa in quanto donna (e per di più ebrea) in un mondo dove erano solo gli uomini a dettare legge. Ciononostante ha portato avanti le sue battaglie malgrado tutto e tutti. Si è battuta per far riconoscere i diritti dei detenuti nelle carceri, quelli dei malati di AIDS, quelli dei bambini e così via… Si è battuta per tutto ciò che il nazismo ha tentato di strappare, in modo organizzato scientificamente, alle popolazioni perseguitate: l’umanità e la dignità.
Il film risulta estremamente suggestivo con una efficace fotografia (di Manuel Dacosse) e apprezzabili scelte stilistiche – mobilità di macchina, piani-sequenza e primissimi piani in chiaroscuro -, anche se nel mettere in contrasto le due parti di Simone Veil il film risulta forse un po’ troppo melodrammatico. Ma in un periodo come il nostro, con il riaccendersi dell’antisemitismo, con il ritorno alla visione della donna solo come madre, in un crescente razzismo nei confronti degli immigrati e dei diversi, è sempre utile ricordare e sottolineare l’esempio della vita e delle battaglie condotte da questa donna così eccezionale.