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Microcritiche / Un thriller erotico ma troppo verboso

8 Agosto 2024

MILLER’S GIRL – Film di Jade Halley Bartle. Con Jenna Ortega, Martin Freeman, Dagmara Dominczyk, Gideon Adlon, Bashir Salahuddin, Christine Adams, USA 2024. Fotografia di Daniel Brothers.

Di Ghisi Grütter

“Miller’s girl” è un film un po’ troppo statico la cui storia, ambientata ai giorni nostri, è inserita in un immaginario tradizionale e un po’ stereotipato. La regista Jade Haley Bartlett, infatti, aveva scritto la sceneggiatura per una pièce teatrale insieme a Benjamin M. Dessecker.
Centrale nella vicenda è il gioco di seduzione di nabokoviana memoria, dove la nostra Lolita si chiama Cairo Sweet (interpretata da Jenna Ortega) ed è una ricca e talentuosa adolescente che vive nel Tennessee in una grande casa da sola – i genitori sono sempre in viaggio – e vuole iscriversi alla Yale University. Per ottenere l’ammissione la ragazza deve scrivere un saggio raccontando i più grandi successi conseguiti nella vita. Si rende conto di non aver nulla da narrare, non ha mai viaggiato, non ha mai lasciato il Tennessee e sembra che la lettura sia la sua unica passione.
Chiede aiuto a Jonathan Miller (interpretato da Martin Freeman), il Professore che insegna letteratura al college, e seguendo lo spiritoso (o spregiudicato?) consiglio dell’amica Winnie (interpretata da Gideon Adlon) decide di provare a sedurlo.
A differenza con la Lolita più nota, sembrerebbe qui che la ragazzina sia la maggiore artefice del gioco di seduzione.
Jonathan Miller è sposato con Beatrice June Harker (interpretata da Dagmara Dominczyk), una donna intellettuale che lavora molto e che ama anche bere, è scrittore a sua volta ma senza aver raggiunto un’eccessiva affermazione: insomma ama insegnare ma forse aspirerebbe a una vita di maggiore successo e gratificazioni. È quindi molto lusingato quando scopre che Cairo ha letto i suoi scritti e fino a un certo punto si fa trascinare in questo gioco seduttivo fatto più di parole, allusioni, citazioni che non di reale fisicità. In effetti uno dei limiti del film è proprio la sua verbosità e si fa un po’ di fatica a seguirlo.
Miller, invita Cairo a farsi autrice di uno di quei testi di fantasia di cui è una accanita lettrice e lei, scrive un testo eccessivamente erotico, ai limiti del porno. In effetti il cognome del protagonista gioca un ruolo ambiguo nella vicenda e, forse, anche nella mente di Cairo: Henry Miller possedeva in realtà un modo di guardare alla vita vivace e non convenzionale, che non poteva prescindere dalla figura femminile. Il suo linguaggio fluido e potente e le sue ricche immagini ritraggono una vita vissuta con passione sfrenata. Il Tropico del cancro, il capolavoro autobiografico di ambientato nella Parigi degli anni ’30, suscitò indignazione morale ma fu anche un successo letterario.
Così la timida studentessa si trasforma man mano in una femme fatale e quando provocherà un chiaro rifiuto da parte di Miller – che finalmente esce dalla sua ambiguità – escogiterà delle perfide vendette.
Insomma il film ha degli spunti interessanti, lo si può considerare thriller erotico ma manca di approfondimenti psicologici e le modificazioni sono un po’ troppo repentine. I personaggi, specialmente quelli femminili, sono eccessivamente caricaturali.
La fotografia dei luoghi ha importanza nel film con i suoi colori pastello, virate verso il verde più freddo che si fa strada nel racconto, e certamente emerge la villa vuota e spettrale in cui vive la giovanissima Cairo Sweet.

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