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Microcritiche / L’amore frutto del sacro atto di cucinare

28 Giugno 2024
di Ghisi Grütter

Il GUSTO DELLE COSE – Film di Trần Anh Hùng. Con Juliette Binoche e Benoît Magimel, Galatéa Bellugi, Bonnie Chagneau-Ravoire, Emmanuel Salinger, Patrick d’Assumçao Francia 2023. Fotografia di Jonathan Ricquebourg e scenografia di Toma Baqueni.

Molti sono i film che trattano del cibo come protagonista e, primo fra tutti “Il pranzo di Babette” di Gabriel Axel del 1987, vincitore dell’Oscar 1988 per migliore film straniero, che ha fatto storia nel suo genere e può essere considerato il capostipite dei food movies. A tale proposito scrissi già un articolo qualche anno fa in “Ticonzero”, aprile del 2016. Ma “Il gusto delle cose” parla soltanto di cibo: diventa pertanto il linguaggio attraverso il quale ci si rapporta con gli altri.
Siamo verso la fine dell’Ottocento e in una prospera campagna della Loira vivono in uno Château Dodin Bouffant ed Eugénie (interpretati dagli straordinari Benoît Magimel e Juliette Binoche), due appassionati gastronomi. Lui è un raffinato gourmet chiamato il Napoleone dell’arte culinaria, ma è lei la cuoca che sceglie accuratamene le verdure dall’orto e che prepara tutti i pasti creati da lui. Coadiuvati dalla fidata domestica Violette (interpretata da Galatéa Bellugi) e dalla sua giovane nipote Pauline (interpretata da Bonnie Chagneau-Ravoire) che già dimostra premature doti di chef.
È un film dal forte impatto sensoriale – il gusto e l’olfatto innanzi tutto – ed è una sommatoria di ritratti di cene luculliane per un numero limitato di invitati (circa otto), di minuziose riprese di cucina francese elaborata, di primi piani di pentole di rame, e di esercizi di come si pulisce un pesce o come si farcisce una quaglia. Ma il rapporto tra i due non è mai competitivo né conflittuale, ma complice e condivisivo e in vent’anni tra Dodin ed Eugénie è cresciuto un rapporto affettivo come in un matrimonio riuscito.
Il racconto del singolare e sereno rapporto tra Eugenie e Dodin non esisterebbe senza l’ossessione per il cibo e senza quei movimenti di camera fluidi che ci rendono testimoni del miracolo della creazione culinaria. L’atto del cucinare diventa sacro e massima espressione d’amore quando Dodin decide di cucinare per Eugénie malata.
La ricerca del film, portata avanti con un ritmo decisamente molto lento, è di armonia ed equilibrio, come in una sinfonia musicale, non a caso la musica si sente solo all’inizio e alla fine del film.
Il film è diretto da Trần Anh Hùng, cineasta di origine vietnamita diventato noto negli anni’ 90 per “Il Profumo della Papaya Verde” e “Cyclo” (Leone d’Oro a Venezia ‘95), ha fatto elaborare i costumi alla moglie Nu Yen Khe Tran. “Il gusto delle cose” à stato presentato in concorso a Cannes 76, dove è stato insignito del Prix de la mise en scène, e liberamente ispirato al romanzo Le Vie et la Passion de Dodin-Bouffant, gourmet, di Marcel Rouff, del 1924 e alla figura del gastronomo francese Jean Anthelme Brillat-Savarin attivo nella prima metà dell’Ottocento.

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