Nel fiume di articoli, commenti, post su Greta Beccaglia, la giornalista mortificata, emerge una cosa buona. E molte – direi – sbagliate.
Comincio dalle sbagliate. E dunque dall’inizio.
Il tifoso, afflitto dalla sconfitta dei “Viola”, decide di prendersela con il didietro della giornalista. Sul quale appone uno schiaffo. La bella ragazza, che sta facendo il suo lavoro di intervistatrice dei tifosi (ai quali pare sia concesso tutto ciò che ai comuni mortali è invece negato: fischi, urla, cori razzisti, gesti forsennati, turbolenze, risse, aggresssioni) invece di rimanere di sale come la moglie di Lot, reagisce: “Tu non puoi fare questo, mi dispiace”.
Non incassa. Eppure, quante volte sull’autobus succede di stare zitte sentendo la “mano morta” che morta non è? E quante se il capo-ufficio, il vicedirettore, il primario, il capo-reparto brancica la carne femminile per fare “lo spiritoso”? Bisogna pure capire il suo spirito a costo di stare sveglie metà nottata immaginando di strangolarlo lentamente con una cintura chiodata.
Comunque, il tifoso-furioso prima del gesto sembra si sia sputato sulla mano. Spiegherà di “aver avuto un colpo di tosse”. Per alleggerire l’atmosfera (dirà così) il giornalista in studio suggerisce alla umiliata in diretta: “Non prendertela”.
Lei denuncia.
Cominciano le scuse, in ritardissimo, e arrivano le attenuanti: “Sono un buon padre di famiglia, lavoratore, brava persona”. La compagna del molestatore spiega che trattasi di “burlone non di violentatore”. Insomma, un tipo tra Chichibìo e Calandrino?
Qualcuno prova con “la goliardata”. Il giornalista Giuliano Ferrara, il critico d’arte Vittorio Sgarbi marciano sulla strada riduzionista: trattasi di “coglione”.
Le famiglie, per solito i padri, in difesa del figlio per le sue (supposte o reali) nefandezze, citano spesso “la cavolata” o il puro “divertimento” (il comico Beppe Grillo, genitore di Ciro). Del ricorso alla minimizzazione sono piene le fosse.
Evidentemente le molestie vanno distinte dallo stupro però hanno attinenza con l’infinito campo della sopraffazione, dal momento che non esiste intimità o rapporto o relazione o passione tra l’assalita e l’assalitore.
Natalia Aspesi, nonostante il cumulo di sapienza giornalistica, ha citato i morti sul lavoro e il fatto che non suscitino altrettanto clamore della suddetta mano palpeggiatrice, con il risultato – ma a quante cose provvede la retorica! – di alleggerire la mortificazione delle molestie.
Quante volte abbiamo sentito che “ci sono cose più serie e drammatiche al mondo”?
Quasi non sapessimo distinguere tra vessazione e violenza; molestia e crimine; schiaffo sul sedere e stupro. Senza punizione esemplare, senza vendetta, dovrebbe comunque entrare nella testa di tanti che se la devono piantare con la cultura sessista, con l’aggressività misogina.
Il Daspo di tre anni dalle partite di calcio è già stato dato; pretendere due anni di lavoro socialmente utile a spicciare casa della giornalista Greta Beccaglia, no?
Non credo tanto alla denuncia e non mi fido dell’indicazione al pubblico ludibrio. Mi interessa – e questa è la cosa buona che sta avvenendo – la discussione provocata dall’aver tutti e tutte visto il gesto in diretta. La riprovazione forse può servire a modificare comportamenti esplicitamente sessisti.