Il ministro Bonafede e il premier Conte
Manette previste nel decreto per i grandi evasori. Il ministro Bonafede ha parlato di “svolta epocale”. Stessa logica della gogna, solo rovesciata, a ispirare i commenti dei leader politici, alla sentenza della Corte costituzionale che considera incostituzionale l’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui “non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale, sia il ripristino dei collegamenti con la criminalità organizzata e che abbia dato piena prova di partecipare al percorso educativo”.
Zingaretti ha dichiarato di non essere in sintonia con “questa sentenza stravagante”. E Di Maio leader dei 5Stelle: “Quali diritti della persona? Non sono persone ma animali”. Eppure non si è trattato di abolizione dell’ergastolo bensì di prevedere l’attuazione di principi costituzionali negati nello scontare la pena.
Nel frattempo, gli avvocati scioperano per l’abolizione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, in vigore da gennaio. Significa che, se in Italia il 70 per cento dei procedimenti penali finisce in prescrizione al termine delle indagini preliminari, sempre l’ineffabile ministro alla Giustizia ha scelto di approvare una riforma sulla corruzione che punta a eternizzare i processi. Intanto di una vera riforma della giustizia non si parla più.
Il problema è che la giustizia italiana sempre più tende a vedere il carcere e la pena, sempre più dura, come unico fine dell’azione penale. D’altronde, ricordate il Davigo di “Non esistono innocenti, esistono solo colpevoli non ancora scoperti”?
Qualcuno (da Luigi Manconi a Emanuele Macaluso) solleva dubbi. Eppure, se sulla aggressività di Salvini nei confronti dei migranti si è creata un’opposizione da parte del Pontefice e di tante associazioni cattoliche e laiche, di intellettuali, di femministe, la giustizia non pare tema da appassionare. Quasi che la promessa fosse di cambiare il sistema mandando le persone in galera e buttando la chiave. Convinzione di un mondo, di un paese, di un condominio abitato dalla malvagità; sdoganamento del razzismo, diffidenza nei confronti degli altri, delle istituzioni, disinteresse per il prendersi cura?
Le molle che concorrono a produrre questo clima sono più di una. Sicuramente, l’effettiva illegalità, la corruzione, ma anche il trasformismo considerato ormai una virtù politica. Ora, senza che ce ne rendiamo conto, la morale collettiva subisce una lancinante deformazione. Cresce la rabbia degli elettori di fronte ad eletti sempre più inattendibili; ecco la conferma che i rappresentanti delle istituzioni sono la casta. Ma se agli elettori spetta delegare e agli eletti decidere, l’antipolitica resisterà per gli anni a venire. Visione apocalittica direte voi. Aiutata, comunque, da un premier passato dal Conte1 al Conte2; da un Renzi che, dopo un “Mai con i 5 Stelle” spinge all’alleanza con Di Maio “sennò Salvini…” e poi esce dal Pd per fondare Italia viva e cannoneggiare, insieme a Di Maio, il premier. E da un Grillo che vuole togliere il voto ai vecchi in un nuovo tentativo di rottamazione (anagrafica).
Non sono esempi che aiutano a ritrovare il bandolo della giustizia che non sia vista come ideologia, propaganda e vendetta.
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