Nadia Murad , Nobel per la pace contro gli stupri di guerra.
Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Usa, Russia e Cina si sono alleate per bloccare la creazione di un organismo di monitoraggio delle violenze sulle donne. Poi Washington ha negato aiuti sanitari alle vittime di stupri. Dal momento che Trump combatte l’aborto, le interruzioni di gravidanza non sono ammesse anche quando si tratta di sfregi compiuti sul corpo femminile.
E’ un terribile ritorno indietro. Una negazione di ciò che a fatica veniva emergendo: che nei conflitti antichi e moderni la guerra si combatte (anche) con il corpo delle donne. Dall’antichità al colonialismo europeo e italiano, alla Bosnia, al Ruanda, alla Siria, ai campi di detenzione libici dove vengono rimandati i migranti.
Storia e storie infinite di umiliazione di persone, di terre, di popoli, minoranze. Ma non si può parlare genericamente di vittime, genericamente di persone. Donne e uomini sono diversamente sessuati. Tuttavia, la relazione dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale nel suo tentativo di precisare (o neutralizzare? O cancellare la differenza?) considerava “violenza sessuale” quella in cui “l’autore invade il corpo di una persona con condotta risultante nella penetrazione, anche di ridotta entità, di ogni parte del corpo della vittima o dell’autore con un organo sessuale, o dell’apertura anale o genitale della vittima con ogni oggetto o ogni altra parte del corpo”.
Nel 2008, il Consiglio di sicurezza dell’Onu sembra fare un passo avanti quando indica negli stupri una vera e propria “arma di guerra” che appartiene alla strategia militare. Un’arma per offendere il nemico; uno strumento del terrore per marchiare a fuoco la comunità, per incidere sulla futura composizione degli aggrediti.
Le donne ridotte a utero e l’utero usato come terra conquistata. Con il risultato di sfregiare la famiglia, fondamentale supporto patriarcale e con l’onore avvelenato dalla vergogna. I ragazzi nati dagli stupri si considerano “figli dimenticati della guerra” (Linda Caglioni su “L’Espresso” del 13 marzo 2019). Le donne tentano di strapparsi di dosso l’orrore.
La risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu – poi passata con un testo emendato secondo i voleri di Washington (ma sempre con astensione di Cina e Russia) – vuole che i responsabili degli stupri siano puniti dal Tribunale dell’Aia. I più realisti, quelli che allargano le braccia perché “la guerra produce sempre dei danni collaterali” non attribuiscono grande importanza alla risoluzione.
D’altronde, la giustizia fa fatica a prendere in considerazione la donna se non come vittima o come madre. Nelle aule di tribunale gli stereotipi continuano a funzionare. Gli Usa, la Cina, la Russia sembrano volersi schierare con i realisti (sai che novità!) approfittando della voglia che percorre il mondo di mettere indietro le lancette della storia.
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