STILL ALICE – film di Richard Glatzer e Wash Westmoreland –
Alice Howland è una splendida donna sulla soglia dei cinquant’anni, docente di linguaggio alla Columbia University di New York. Ha una vita assolutamente invidiabile: tre splendidi figli, un marito che l’adora e un notevole successo nel lavoro. A un certo punto, da piccoli segnali di perdita di memoria e di spaesamento e dopo varie indagini, le viene diagnosticato un raro caso (ereditario, peraltro) del morbo di Alzheimer. Il film tratta la storia della progressiva perdita di ricordi e delle facoltà cognitive di Alice e, sostenuta da tutta la famiglia, della sua battaglia contro la malattia.
Palcoscenico della vicenda, oltre New York inizialmente, è la casa sull’oceano – presumibilmente East Hampton – luogo, per antonomasia, della seconda casa della buona borghesia newyorkese.
Tutto il dramma del film è nelle pieghe del volto di Julianne Moore, misurata ed essenziale, strepitosa interprete del dramma interiore. Kristen Stewart è la figlia Lydia che fa l’attrice e Alec Baldwin il delicato e fedele marito.
La pellicola è tratta dal libro omonimo del 2007 di Lisa Genova; è stata presentata in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival a settembre 2014 e, un mese dopo, alla IX edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.
Rispettando la soggettività del romanzo narrato in prima persona, Westmoreland e Glatzer sono entrati nella mente di Alice che pian piano sembrerebbe svuotarsi. I registi hanno tentato di osservare il mondo attraverso i suoi occhi alternando cose e persone con messe a fuoco e profondità di campo. Tutta la narrazione avviene con garbo, con delicatezza quasi a non voler invadere la privacy e senza gigionerie interpretative.
Questo rimanere “in sordina”, assieme allo sforzo di non imporre uno stile forte di regia, è il pregio ma, in un certo senso, anche il limite di Still Alice che finisce in alcuni punti per raggelare un po’ il racconto.