È una storia complessa, Deviazione, il memoir di Luce D’Eramo, appena ristampato da Feltrinelli: la storia di un risveglio, della presa di coscienza della falsità dei propri ideali, delle illusioni che nel corso del tempo si stendono su di sé, sulla propria vita. Lucia, l’io narrante in cui Luce D’Eramo traspone se stessa, il 4 febbraio 1944 parte volontaria per un campo di lavoro nella Germania nazista. Figlia di un sottosegretario della Repubblica di Salò, la madre convintamente sostenitrice di un fascismo idealizzato, è sconvolta dal crollo del fascismo e vuole verificare di persona quelle che considera calunnie sulle condizioni dei campi. Ha diciotto anni. La realtà dell’IGFarben di Francoforte-Höchst supera ogni sua immaginazione.
Ma insopportabili le risultano non tanto le condizioni di vita e di lavoro, ma soprattutto il trovarsi isolata rispetto alle compagne, alla comunità di lavoratori provenienti dalle più diverse parti d’Europa che lì incontra. Troppo diversa da loro, studentessa borghese trattata con cautela dalla direzione, ovviamente sospettata dalle compagne di essere una spia, riesce a farsi accettare, e partecipa all’organizzazione di uno sciopero. Il fallimento della rivolta, lo spostamento dei responsabili a Dachau, la gettano nella disperazione. Consapevole di essere per tutti definitamente una traditrice, tenta il suicidio. Salvata, viene rimpatriata. E qui, nell’arrivo a Verona, dove abita la famiglia, avviene lo spostamento. Non rientra subito a casa, aspetta. E nell’attesa, le capita di incontrare una fila di deportati, scortati da nazisti. Si mescola con loro, viene spinta con gli altri su un vagone piombato, arriva a Dachau, da cui riesce a fuggire sei settimane dopo. E per alcuni mesi vive da evasa. Il 27 febbraio 1945, a Magonza, rimane sepolta sotto un muro crollato mentre cercava di tirare fuori gli abitanti di una casa bombardata. Sopravvive, ma perde per sempre l’uso delle gambe.
Questi i fatti, allineati in sequenza lineare. Ma questa non è la storia di Deviazione. La narrazione segue i meandri tortuosi della memoria, la fatica del raccontare storie che nessuno vuole sentire, di rendere pubbliche scelte che nessuno voleva e poteva condividere, nel dopoguerra. Volontaria? le dicevano quando presentava i suoi primi racconti. Non ne parli, non è il momento. E ancora di più l’enorme peso di accogliere, nello spazio interiore della propria coscienza, le scelte compiute insieme all’immane impresa di tenersi viva, di non farsi schiacciare dal male che si era trovata ad affrontare.
Allora, la deviazione è quella in cui si impiglia la memoria. D’Eramo lo scrive all’inizio del capitolo più drammatico, l’ultimo: «C’è un fatto che ho eluso. A forza di dire che ero stata deportata a Dachau, ci ho creduto. Ma non è vero. I miei compagni vennero trasferiti in quel Lager. Io no. Fui rimpatriata». Ci sono voluti trent’anni perché Luce possa scrivere queste parole, possa riconoscere che quello che si trovò a vivere non fu la conseguenza di un destino. Il primo capitolo, “Thomasbräu”, è stato scritto nel 1953. L’ultimo, “La deviazione”, nel 1977.
La potenza del racconto – perché Deviazione non è solo una testimonianza, è un grande libro – è prima di tutto nella molteplicità dei registri adottati. La distanza oggettivante delle prime pagine, un modo per entrare in rapporto, dopo dieci anni dalla guerra, con una materia incandescente. Dall’attacco secco: «È stato straordinariamente semplice fuggire», al tono alto e quindi sarcastico di qualche riga più sotto: «Pulire le fogne è un lavoro più variato di quanto non appaia a prima vista: ci sono diverse gradazioni». Fino alle ultime pagine: «A volte quando si tocca il fondo di uno sviamento, si sbuca dall’altra parte…Proprio perché il salto di classe a Dachau era stato infinito, il terrore ne era stato così violento da portarmi a ripararmene nell’oblio». Severa con se stessa quasi fino all’accanimento, Luce D’Eramo non è la “vittima” che testimonia degli orrori del nazismo. Implacabile nel seguire i giri e i rigiri della coscienza, Luce dice degli inganni delle ideologie, della fatica della verità, che non è mai rassicurante e non ha mai un’unica dimensione.
Non stupisce il silenzio che circonda da parte del pensiero ufficiale questo libro urtante, eppure amatissimo dai lettori, che ne hanno decretato il successo internazionale. In tempi di facili e accomodanti revisionismi, di giovani in cerca di ideali troppo spesso a buon mercato, una lettura necessaria.
Luce D’Eramo, Deviazione, Introduzione di Nadia Fusini, Feltrinelli 2012, 216 pagine 25 euro, disponibile in ebook