Da tempo non c’è assegnazione di Nobel che non sia accompagnata da polemiche. Ci si poteva attendere però che quello per la pace alle tre donne africane avrebbe messo d’accordo tutti. Se non altro perché gran parte dei commentatori, compreso chi scrive, dell’Africa sa poco o niente e la scelta al femminile sembrava il massimo del “politicamente corretto”. Non è andata così a leggere tra le pieghe dei giornali dell’8 ottobre.
A fronte di Emma Bonino che esprime tutta la sua soddisfazione sulla prima pagina del Corriere della sera e di Adriano Sofri che elogia per l’appunto la “correttezza politica non di maniera” della scelta (Repubblica), c’è Ida Magli che su Il Giornale sostiene che quel premio “offende” le donne (in realtà quell’ “offende” c’è solo nel titolo). Per Magli l’assegnazione del premio “a qualche donna di sicura occidentalizzazione, come sono tutte e tre le premiate” sarebbe “utile per cominciare a mettere i piedi, attraverso di loro, in Paesi nei quali fino ad oggi l’Occidente” è stato assente.
Anche la femminista americana Erica Jong pensa che si sia trattato di una scelta “sessista”: che cosa, oltre al genere, accomuna le tre donne? (Repubblica). Anche se, ci ricorda Cinzia Leone su Il Riformista, “essere donne in Liberia e nello Yemen non è esattamente come essere cresciute a Seattle”.
Lucia Annunziata, che pure si compiace del premio, si rammarica che esso sia assegnato più alla loro “identità sessuale” che alle loro opere e ai loro successi “che si innalzano molto più in alto della loro differenza” (La Stampa). Quasi che la differenza fosse un handicap piuttosto che una risorsa.
Su Avvenire Fulvio Scaglione, pur rilevando come altri le ambiguità della scelta norvegese (la Presidente della Liberia è in piena campagna elettorale, l’attivista yemenita “rischia di trasferire il prestigio del proprio attivismo libertario al partito radicale islamico”), approva il premio perché “sia l’Africa, sia il Medio Oriente hanno bisogno di liberare l’immenso patrimonio di energie intellettuali, economiche e anche spirituali” rappresentato dalle donne.
Al netto di tutte le polemiche si può comunque essere grati al Nobel per averci fatto conoscere tre storie straordinarie. Quella della liberiana Ellen Johnson Sirleaf, prima donna presidente africana; della sua connazionale Leymah Gbowee, che per fermare la guerra civile ha osato proporre lo sciopero del sesso; di Tawakkol Barman, musulmana con il volto scoperto che anima la rivolta contro la dittatura yemenita. Tutte e tre hanno avuto coraggio, hanno subito minacce, arresti, carcere, sono diventate leader di donne e di uomini. Tutte e tre hanno fatto la scelta della non violenza.