Sono tra quelle che non hanno firmato l’appello “se non ora, quando?” e non andranno alla manifestazione del 13. Pur essendo anch’io disgustata dalle notizie sulle serate del Presidente del Consiglio, infatti, provo un senso di disagio per il modo in cui tutta la questione viene affrontata.
E’ davvero la dignità delle donne la posta di questa orribile storia?
Non scopriamo oggi che la prostituzione esiste, e che conosce vari gradi e misure. C’è chi si prostituisce per il pane e chi per le belle scarpe e i bei vestiti, o per un posto al sole. Tra parentesi, la prostituzione, sia in senso letterale sia metaforico, non è certo un’esclusiva femminile. Né è un’invenzione di Berlusconi. Del resto, la dignità delle donne è offesa quotidianamente da mille immagini televisive e no, anche da quegli stessi media che oggi sostengono l’appello. Inoltre, è un concetto ambiguo, spesso usato strumentalmente per veicolare una certa idea di relazioni umane non sempre condivisibile.
Io credo che la dignità delle donne stia nell’essere libere di costruire la propria vita. Quindi, da un certo punto di vista, poiché le frequentatrici del Presidente del Consiglio sono senz’altro libere (e spesso perfino colte), e non sono vittime di manipolazione o corruzione, non è questa la posta in gioco.
Ciò di cui parla questa storia, se mai, è la miseria di certe figure maschili: Berlusconi, ma anche i padri, fratelli, fidanzati, che spingono le ragazze a farsi avanti, a farsi pagare meglio. Dovrebbero essere gli uomini a sentirsi offesi nella loro dignità, a sentirsi risospinti verso una idea e una pratica arcaica della sessualità e della relazione tra i sessi.
Perché dobbiamo caricare il peso di questa vicenda sulle donne? Con la conseguente distinzione e contrapposizione: noi, le donne perbene; loro, le donne corrotte. Ci sento del moralismo un po’ peloso: non sarà che l’esser perbene si identifica con l’antiberlusconismo?
Intendiamoci, non difendo le donne che vendono il loro corpo, che scelgono questa strada per fare una carriera. Non condivido l’idea che Ruby o la D’Addario siano icone della soggettività femminile. Credo che dobbiamo dire alle nostre figlie e ai nostri figli che vendere il proprio corpo (così come il proprio voto, tanto per restare all’attualità) è sbagliato. E tuttavia lo ripeto: questa non è una storia di e tra donne.
Ciò che è in gioco è la dignità delle istituzioni e la funzionalità della politica. Non è una questione che riguardi il privato di Berlusconi o delle varie escort e starlette di cui gli piace circondarsi. E’ una questione che riguarda il comportamento pubblico di un uomo che occupa un ruolo importantissimo e che non ha esitato a usare questo ruolo per interessi privati, come nelle famose telefonate in Questura, o, peggio ancora, per compensare le sue amiche con funzioni politiche.
La corruzione di cui Berlusconi è colpevole è quella delle istituzioni rappresentative e dei meccanismi del sistema politico. Se questo è il punto, allora, è propriamente politico, e solo un’azione politica può affrontarlo. Se vogliamo mandare via Berlusconi, dobbiamo avere un progetto politico, per esempio delle idee su come cambiare la legge elettorale e su come selezionare democraticamente il personale politico.
E dovremmo chiederci come mai il consenso di Berlusconi non cala nonostante gli scandali, e come si fa a scalfire quel consenso. Di certo non serve cavalcare le inchieste giudiziarie, e non serve all’opposizione cavalcare la rabbia delle donne. Ma ancor meno serve alle donne ergersi a vestali di un’opposizione morale.