Asia Bibi, pakistana, 37 anni, operaia agricola e madre di quattro figli, è di fede cristiana. Nel giugno 2009, mentre lavora nei campi le viene chiesto di prendere dell’acqua, ma un gruppo di musulmane obietta che, essendo cristiana, non deve toccare il recipiente (Il Messaggero, 12 novembre).
Umiliata la donna grida che Gesù si era immolato per tutti mentre Maometto non aveva fatto niente per aiutare chi non era suo seguace (Libero, 11 novembre). Le donne islamiche si recano allora da un imam locale sostenendo che Asia aveva insultato Maometto. La donna viene arrestata nel villaggio di Ittanwalai e incriminata per blasfemia. Dopo oltre un anno di carcere è stata condannata a morte.
La legge sulla blasfemia si presta ad ogni sorta di abuso, spiega il vescovo di Faisalabad, perché non prevede l’onere della prova a carico di chi accusa: è sufficiente una testimonianza (Avvenire, 13 novembre).
La famiglia di Asia Bibi ha presentato ricorso presso l’Alta Corte di Lahore. Un avvocato musulmano si è offerto di difenderla sia presso l’Alta Corte che presso la Corte federale della Sharia sostenendo che la stessa legge islamica vieta la pena capitale per le donne e per i non musulmani (Avvenire). Asia Bibi è la prima donna pakistana che subisce una simile condanna, ma secondo l’Agenzia Fides sono almeno 15 le donne cristiane accusate e messe in carcere per blasfemia tra il 1987 e il 2010.
Come Rubina Bibi, arrestata per la testimonianza di un vicino con cui aveva litigato per futili motivi. Come Martha Bibi Masih, madre di sei figli, che aveva chiesto agli operai che costruivano una moschea di restituirle il materiale che non le era stato pagato. Come Naseen Bibi che voleva impedire ad alcuni ragazzi musulmani di disegnare una croce su un deposito di spazzatura. I giovani l’hanno insultata e poi hanno preso un’immagine della Kaaba, (la costruzione cubica che si trova al centro della Mecca), l’hanno sporcata di escrementi e hanno indicato la donna come responsabile del gesto.
Naseen è rimasta in carcere per nove mesi, prima di essere assolta. Durante la detenzione è stata stuprata e malmenata. Paradossalmente in Pakistan proprio in questi giorni è partito il primo autobus tutto rosa che consentirà alle donne di viaggiare tra Rawalpindi e Islamabad senza timore di essere palpeggiate e molestate (Il Fatto quotidiano, 13 novembre). Per Asia Bibi, è la stessa società civile pachistana che si sta mobilitando in queste ore (Avvenire), mentre Antonio Socci ha scritto su Libero: “Le terre islamiche grondano di sangue cristiano. Ma il mondo se ne frega”. Speriamo si possa dimostrare che non è così.