Ci sono fatti sui quali è difficile orientarsi secondo le categorie del bipolarismo culturale italiano. L’arresto di Roman Polanski in Svizzera, per lo stupro di una ragazzina compiuto oltre trent’anni fa negli Usa, ne è esempio. Succede infatti che Maria Laura Rodotà, normalmente poco amata da commentatori cattolici e conservatori, scriva sul Corriere della sera (29 settembre) più o meno lo stesso articolo che, nello stesso giorno, firma il cattolicissimo Renato Farina su Il Giornale.
“No, il lodo Polanski no. Per favore” supplica Rodotà. Sarà pure un genio, dice, ma “aveva stordito una quasi bambina e le aveva fatto di tutto”, che sconti la sua condanna. Polanski è un grande artista, riconosce anche Farina, ma è contemporaneamente “un uomo di palta”, un pedofilo confesso, e allora “diamogli un Oscar e anche la galera”.
Intanto 700 celebrità dello spettacolo firmano una petizione che chiede il rilascio del regista e i ministri degli esteri francese e polacco si rivolgono a Hillary Clinton per ottenere la grazia presidenziale. “Punite Polanski” chiedono invece i 70 parlamentari che hanno aderito all’appello di Barbara Saltamartini, responsabile delle pari opportunità del Pdl, pubblicato su Libero (2 ottobre).
Mentre Mariuccia Ciotta su Il Manifesto (30 settembre) denuncia “il ballo dei vampiri” che si è scatenato intorno al regista ormai quasi ottantenne, il leader dei Verdi Dany Cohn Bendit se la prende con Frederic Mitterrand, ministro della cultura francese, che aveva definito “semplicemente spaventoso” l’arresto per “una vecchia storia che non ha più molto senso” (L’Unità. 30 settembre).
Una “vecchia storia” che ha molto senso per Natalia Aspesi che si chiede: “Vale di più un bel film di una giovane vita ferita?” (La Repubblica, 29 settembre). Ma la proprietaria di quella “giovane vita”, Samantha Geiger, che oggi ha 45 anni, ha chiesto, senza ottenerla, l’archiviazione del processo. “Sono arrabbiata con il Procuratore distrettuale –ha scritto- che ha rifiutato di chiudere il caso, dando ancora pubblicità ai luridi dettagli di questi eventi. Che siano vere o no, la pubblicazione di queste cose causa danno a me, al mio amato marito, ai miei tre figli e mia madre. Sono diventata vittima delle azioni del procuratore” (Il Secolo XIX, 28 settembre).
E Giulia Blasi, sul blog di Donna moderna, si chiede e ci chiede: “Cosa pesa di più: il passaggio del tempo, la volontà di una donna di lasciarsi dietro un brutto episodio della sua vita, la legge o l’esempio che viene dato agli uomini di tutto il mondo non permettendo che uno stupro resti impunito?”.