Ho seguito con una certa affettuosa sollecitudine i primi passi di Franceschini segretario del Pd. Non ho particolari passioni distruttive, cerco di tenere a bada le ire sdegnose e le furie moleste, non ho mai mancato in tutta la mia vita l’appuntamento con il voto . In più, benché le persone che mi sono più care si affannino a dare un po’ di ossigeno al mondo di Vendola e dintorni, il sommarsi stanco di tante sigle antiche mi sembra rendere scipita la sfida.
Ma un demonio mi soffiava nelle orecchie: “Attenzione, bisogna aspettare la composizione delle liste. Lì si capirà se c’è autonomia, visione del futuro, tempra – osiamo dir così – del segretario”.
Ieri è stato il giorno del demonio. E la prima indiscrezione è come un crampo allo stomaco.
Sergio Cofferati sarà – pare – candidato alle europee.
Avevo capito che Sergio Cofferati rinunciasse a battersi per diventare per la seconda volta sindaco di Bologna perché desiderava prendersi cura di un figlio piccolo e amatissimo avuto in età matura. Non sono io ad aver messo il naso in sentimenti e relazioni altrui, cosa che amo fare solo se autorizzata e partecipe. L’ho appreso in ogni dettaglio e per ogni dove: dai quotidiani, alla Tv, ai rotocalchi, cui, come si sa, almeno dal parrucchiere non si resiste. Con me, inevitabilmente, l’ha appreso anche il suo figlio maggiore che avrà dovuto fare i suoi conti con le intermittenze del cuore.
Intendiamoci, abbiamo tutti degli amici astuti che ti spiegano “la politica”: “Bada, anima candida, usare il figlio era l’unico modo per non ammettere che i bolognesi non lo avrebbero mai rieletto e per restare comunque in pista”.
Non li ho creduti: più per la stanchezza che ti prende di fronte alle furbizie eterne che per ingenuità.
Perché si può andare da Genova a Bruxelles e non da Genova a Bologna? Forse perché si conferma la regola che l’attività di parlamentare europeo è di poco momento e di molto emolumento, un ottimo congedo di paternità per vip? Mi era parso che il Pd volesse, questa volta, prendere sul serio l’istituzione e mettere al lavoro giovani intelligenze a prova di assenteismo. O no? E poi perché non c’è un po’ di rispetto per le donne? Alzi la mano chi non conosce almeno una donna che, a una brillante carriera, ha scelto di rinunciare davvero per amore dei suoi figli. Non meriterebbe almeno di non essere presa in giro, come persona e come elettrice? Viviamo in un tale disordine di simboli e di valori che ciò che per un genere è un dramma di vita, per l’altro può diventare un simpatico espediente mediatico? Ma quel che più ferisce è che queste cose Franceschini le sa benissimo e la avrebbe attentamente soppesate. Infatti avrebbe dichiarato: “Cofferati è ancora molto popolare e la vicenda di suo figlio la sanno solo 500.000 persone”.
Devono avergli preparato un sondaggio. Sostitutivo di ogni principio di responsabilità. Scriveva Vittorio Foa nel suo ultimo lavoro:“Una caratteristica dell’irrilevanza dei discorsi di oggi è che l’interlocutore non ha più importanza. La parola è un impegno verso qualcuno, verso qualcosa : quando l’interlocutore non è considerato o non c’è, la parola è nel vento”.
Già, siamo solo 500.000 ad esserci informati, ad aver preso alla lettera relazioni umane e conflitti, a considerarci degni di un’ interlocuzione che avesse un nocciolo di verità: 500.000 babbioni riflessivi. E gli altri? Forse erano troppo occupati con “l’Isola dei famosi” e collocheranno la storia del sindaco di Bologna in un altro reality. Ma è davvero così l’Italia? Un luogo dove – come ci ha insegnato magistralmente Berlusconi – tutto può esser detto e smentito, affermato e negato, perché tutto è uguale e irrilevante?
Io spero ancora di no. Spero in una smentita sdegnata di Franceschini. Lo spero per il Pd e anche, sia detto senza ironia, per Cofferati. Per quel po’ di ordine che, quando non si è più ragazzi, vale la pena per tutti di mettere nelle proprie relazioni e nei propri affetti.