In “Prime donne“ Ritanna Armeni si interroga sull’assenza femminile dai luoghi del potere. Anzi, come recita il sottotitolo: “Perché in politica non c’è spazio per il secondo sesso“. Per spiegarci: perché noi e le nostre sorelle di sesso siamo all’incirca delle mosche bianche nelle istituzioni, nel governo, a capo dello Stato.
Nessuno nega che questi luoghi siano saldamente nelle mani degli uomini. O che esistano forti resistenze da parte maschile a condividere il potere. Anche se quel potere non è proprio così luccicante come sembra. Le guerre si rivelano dei fallimenti; l’economia finanziaria esplode per via della crisi dei sub-prime. Ogni volta che viene organizzato un incontro tra i Grandi, succede un parapiglia.
Tuttavia, dal momento che per curare il malato occorre capire le cause della malattia, vediamo di capirci di più su questa assenza femminile. Secondo una motivazione in voga sono i maschi che si chiudono a riccio, accettando solo se costretti, le quote o una qualche norma antidiscriminatoria. Poi c’è la posizione femminista dura: Non ci interessano i vostri riti e detriti. Non vogliamo starci a quelle condizioni. Preferiamo la società delle estranee.
Infine, circola l’interrogativo se le donne, perlomeno nella politica italiana, non siano spesso troppo fedeli al segretario, al premier, al capocorrente. Troppo dedite, oblative, pronte a adeguarsi alle regole date. Con una incapacità a osare, a dimostrarsi audaci. Unica, recente eccezione, quella di Rosy Bindi.
Ma una contraddizione viene avanti: perché nella scuola, nelle professioni scientifiche, nella magistratura, nella ricerca le donne ci sono? E quasi in numero maggiore agli uomini? Secondo me le donne un governo ce l’hanno, è quello delle relazioni, dei rapporti umani e affettivi. Un collante relazionale che tiene insieme maschi e femmine, genitori e figli, anziani e giovani.
Un film, “La famiglia Savage“, in questi giorni nelle sale, parla appunto della fatica, della compassione, della necessità di ritrovare quel collante con un padre ormai lontano dal bene e dal male del mondo.
E’ un governo molto meno tangibile ma non meno importante. D’altronde, economisti come Amartya Sen o Muhammad Yunus, si battono da tempo per far acquistare valore economico alle competenze femminili. E le donne, persino in Italia, tra mille inciampi e fermate improvvise, sono comunque riuscite a modificare il mercato del lavoro.
Ora, il punto è che questo “esserci“ femminile viene rimosso dal dibattito pubblico. Servono casi estremi: La donna stuprata, la mamma cattiva, la velina raccomandata per registrare l’esistenza del “secondo sesso“. Eppure, cosa significa che, nel nostro piccolo mondo politico, Fausto Bertinotti invochi una vicepremier donna per la sua Sinistra-Arcobaleno? E che il Pd apra la pratica di accoglienza dei Radicali chiedendo tre donne? E Berlusconi accompagni la signora Michela Vittoria Brambilla dal notaio a fondare un partito, dismesso subito dopo?
Ciò che si muove sulla scena internazionale è perfettamente descritto da Armeni. La vicenda di Segolene Royal, l’ostilità degli “elefanti“ del Ps per il suo considerarsi “presidentiable“, il tono “materno“ che ha introdotto nella politica. Negli Stati Uniti lo scontro Hillary-Obama. L’America spaccata a metà quanto a antipatia per lei mentre il quarantenne nero e il settantenne repubblicano Mc Cain non suscitano altrettanta antipatia. Dunque, la misoginia e il conflitto di sesso sarebbe superiore al conflitto di razza?
Certo, una donna che aspira al potere (e che potrebbe conquistarlo) non ha molti ammiratori/trici. E la dialettica tra i sessi esplode in modo imprevisto. Nel gioco della coppia Hollande-Royal; poi tra Sarkozy-Cecilia o nell’ingombro rappresentato da Bill Clinton per sua moglie. Allora, lei lo difese; adesso, lui rischia di rovinarla. Il punto che impasticcia tutto è che le donne non giocano sulla tastiera spettacolare del potere (fatta di denaro e successo). Questo è difficile da riconoscere, per gli uomini e per i media. E per noi stesse.